Cascina Casareggio si trova nel Comune di Fortunago, piccolo gioiello dell’oltrepò Pavese ed uno dei 100 Borghi più belli d’Italia.
Lo spirito del luogo ed il nome.
Secondo alcuni studiosi il suffisso “-ago” individua una parola indicante I’acqua: questa può essere una interpretazione accettabile per spiegare l’origine del nome del capoluogo, in quanto a Fortunago esisteva, ed esiste tuttora, una sorgente di acqua perenne. Secondo altri, la terminazione ”-ago” rimanda ad una divinità pagana: la dea Fortuna. In questo caso Fortunacus deriverebbe da sacellurn Fortunae, il tempio di Fortuna.
Lo stemma
Lo Spino fiorito dei Malaspina in riferimento ai rapporti feudali tra Fortunago e I’omonima stirpe; spighe di grano, simbolo dell’agricoltura ancora oggi di considerevole importanza nell’economia; una stella che rappresenta i valori civili e militari dei nativi di Fortunago ed infine la campana “legata” di rosso, per evocare le antiche pievi del territorio.
Il genius loci – La spiga di grano e il fiordaliso
Il prodotto dell’agricoltura e la pianta spontanea rappresentano il legame che intercorre fra l’uomo e la natura. La grande diffusione dell’agricoltura continua la grande eredità di una civiltà contadina, qui mai interrotta, mentre la fioritura di erbe e frutti selvatici testimonia di un’attività dell’uomo condotta sul rispetto e la tutela dell’ambiente circostante, dove la moderna tecnologia si armonizza con i ritmi naturali, senza mai invadere n stravolgere il territorio.
La curiosità
A Fortunago si tiene, ogni anno, una gara per stabilire il migliore salame fra quelli prodotti all’interno del Consorzio Salame di Varzi DOC.
Le buone pratiche
Il territorio conserva le caratteristiche profondamente rurali del suo territorio. A partire dagli anni Ottanta si è assistito a una riscoperta della campagna e dei luoghi incontaminati: molti sono ritornati, aprendo e ristrutturando le vecchie abitazioni, magari per trascorrervi i fine settimana. Negli ultimi anni si è verificata anche una ripresa delle attività agricole, con l’apertura di aziende agrituristiche che offrono un’ottima ricettività turistica, abbinata a una produzione rispettosa dell’ambiente e della salute.
Da vedere
Ancora oggi la zona reca tracce dell’importanza rivestita in età feudale: a Stefanago si innalza il castello, a pianta quadrangolare e dall’imponente torrione, severo nella asciuttezza della struttura e nella semplicità della pietra da taglio che ne decora il basamento: tracce di edifici medioevali sono invece presenti in località Costa Cavalieri. Di origine medioevale era anche la chiesa in frazione Sant’Eusebio, già rettoria, riedificata alla fine del ‘500. Ma di particolare suggestione è tutto il borgo di Fortunago, con le case in pietra locale, disposte lungo vicoli in acciottolato ; fiori e piante si affacciano dai balconi e dagli orti delle case, splendidamente conservate. L’impianto urbanistico si innalza sino all’estremità del colle dove si eleva la chiesa di San Giorgio e Santa Maria, edificata nel ‘600 su un edificio più antico. di cui si ha notizia in un documento del 1341. Nella lunetta sopra il portale si può osservare una pregevole Annunciazione affrescata: all’interno si conservano statue lignee, tele e sacre suppellettili. Ai piedi dell’edificio si trovano i resti dell’antico castello con le fondamenta di una torre rettangolare, risalente al Quattrocento ed alcune tracce di muraglia difensiva; a lato si eleva un palazzo dalla caratteristica tipologia di cassaforte, oggi sede dell’amministrazione comunale.
Ma Fortunago non conserva solo le forme antiche dell’arte e della storia e offre un paesaggio naturale di una bellezza tuttora selvaggia; di recente è stato istituito il Parco di Fortunago che abbraccia il capoluogo e le frazioni. Nella fascia collinare, che arriva fino ai 500 metri di quota, vi si possono ammirare i vasti boschi di roverella e di castagno, habitat incontaminati che racchiudono un sottobosco ricco di flora spontanea e rara, fra cui la fragola selvatica. Grazie alla realizzazione del Giardino Forestale dell’Appennino sono state raccolte e impiantate alcune specie arboree della fascia appenninica, offrendo una significativa documentazione di numerose varietà indigene in via d’estinzione. I colori di questa scenografia naturale sono particolari e godibili in tutti i periodi dell’anno, ma per assistere ad uno spettacolo veramente di grande suggestione si consiglia una passeggiata nel periodo primaverile, quando il bosco è tutto un’eccezionale fioritura di primule, narcisi, e pervinche. Ma anche i campi coltivati a frumento regalano il giallo solare delle spighe dove si apre l’azzurro dei fiordalisi.
Numerosa e varia la fauna autoctona: lepri, tassi, il riccio, la faina, lo scoiattolo. Basta inoltrarsi lungo i sentieri, appena fuori dal borgo abitato, per incontrare questi simpatici piccoli animali. Abbastanza comune è anche la volpe, mentre da una ventina d’anni sono tornati a fare la loro comparsa nel Parco il cinghiale, il daino e qualche capriolo, diffusissimi sul territorio in epoca medioevale. Numerose le specie di uccelli: la capinera, il cardellino, I’upupa, il cuculo, il picchio, l’averla, la poiana, la civetta, il gufo.